L’ultimo avvistamento

Dorowitz l’auscultatore

Si racconta che l’ultima volta che o videro avesse la testa infilata in una piccola grotta, desse le spalle al torrente e con le mani si tenesse sulla roccia sporgente.
Cosa cercasse nessuno lo sapeva con certezza ma in quei bui anfratti di certo egli non poté vedere nemmeno la sua ombra.
Dorowitz aveva orecchio solo per diversi silenzi, portava con sé apparecchi molto strani, simili ad antenne, microfoni, aste e moltissimi metri di cavi elettrici e nastri magnetici.
Non era considerato né scalatore né alpinista.
Piuttosto un grande camminatore. Certamente un ascoltatore. Consumava chilometri.
Lo si poteva scorgere con alcune parti di roccia legate su tutto il corpo, oppure con un fascio di rami secchi, immobile sul crinale o sopra un masso franato, a registrare le nature che portava con sé.
Non c’era luogo in questa valle che egli non avesse udito e non c’era reperto che egli non avesse sezionato, registrato e catalogato.
Vi era una sola persona che lo accompagnava sporadicamente nelle sue escursioni fuori sentiero, uno straniero sordo muto venuto da oltre confine. Di lui si persero le tracce quando s’innamorò.
Dorowitz lasciò alla comunità del paese solo poche pagine di un suo diario, in cui confessa il proprio pensiero più recondito:
“Di tutto quello che ho udito, il significato risiede nelle superfici.”
Ed è sensibilmente affascinante pensare che tutti i rumori che egli registrò potessero servire per costruire uno spazio intimo e suggestivo senza nome, che non fosse composto da cose ma da differenti frequenze.

Dorowitz

Dorowitz

fotografia di performance
stampa su forex
struttura in ferro e installazione ambientale

Val Saisera, Malborghetto – Valbruna.
2014

ph. di Stefano Cappella

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photo Stefano Cappella

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